Corso di formazione in medicina generale e svolgimento di attività temporanea presso casa di cura
Corso di formazione in medicina generale: partecipazione in soprannumero e svolgimento di attività temporanea presso casa di cura convenzionata
T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent. 11-03-2015 n.1478
L’art. 3, comma 1, della L. n. 401 del 2001, prevede che “i laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991 e abilitati all’esercizio professionale sono ammessi a domanda in soprannumero ai corsi di formazione specifica in medicina generale di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 256. I medici ammessi in soprannumero non hanno diritto alla borsa di studio e possono svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi”.La questione decisiva è se nell’ambito della “attività libero-professionale”, consentita dalla norma in questione, rientri o meno anche il rapporto di lavoro a termine intrattenuto dal ricorrente con la Casa di Cura.Il Collegio ritiene al riguardo che la norma debba essere interpretata in modo estensivo, in conformità con la sua ratio ispiratrice e tenendo conto della peculiarità della posizione dei soggetti ammessi al corso in soprannumero, ai sensi dell’art. 3 preso in esame, che, a differenza dagli altri frequentatori, non hanno diritto ad alcuna borsa di studio.Con l’art. 21 del D. Lgs. n. 368 del 1999, di attuazione della direttiva 93/16/CE, infatti è stato stabilito che per l’esercizio dell’attività di medico chirurgo di medicina generale e per l’inserimento nelle relative graduatorie regionali è necessario il possesso del diploma di formazione specifica in medicina generale, rilasciato dagli assessorati regionali all’esito di un corso di due anni istituito dalle Regioni. L’accesso al corso era subordinato al superamento di apposito concorso bandito dalle Regioni entro il 31 ottobre di ciascun anno.Il D. Lgs. n. 277 del 2003, ha elevato a tre anni la durata del corso di formazione è stata elevata a partire dal 31 dicembre 2003, fermo restando l’accesso su base concorsuale.Quanto al regime di incompatibilità, deve considerarsi che la disciplina “ordinaria” dei corsi di formazione si basa sulle seguenti caratteristiche: (a) numero chiuso dei partecipanti (con un concorso di ammissione); (b) impegno “a tempo pieno” con prestazione anche di attività assistenziale inerente alla formazione; (c) corresponsione di una “borsa di studio”; (d) obbligo di esclusività ossia incompatibilità con ogni altra attività professionale retribuita (vuoi a titolo di lavoro subordinato, vuoi a titolo di libera professione).Al contrario, la disciplina speciale di coloro che usufruiscono della previsione dell’art. 3 della L. n. 401 del 2000 si caratterizza per l’ammissione in soprannumero, in deroga al principio del numero chiuso; conseguentemente non è prevista la borsa di studio, pur restando fermi tutti gli impegni relativi all’attività formativa.Viene quindi attenuato il regime delle incompatibilità, in quanto è consentita una certa attività lavorativa (definita libero-professionale) purché compatibile, di fatto, con gli obblighi formativi.La ratio di quest’ultima deroga è evidente, perché viene a controbilanciare la mancata previsione della borsa di studio nel contesto di un sistema che chiede comunque ai partecipanti al corso (ancorché soprannumerari) di prestare una certa attività lavorativa (non retribuita) nell’ambito del corso di formazione. Si tratta dunque di una disposizione ispirata a finalità equitative in favore di soggetti che svolgono senza retribuzione un’attività almeno in parte utile al servizio sanitario pubblico (Cons. Stato Sez. III, Sent., 18-06-2012, n. 3549; T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 13-02-2013, n. 892; T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 12-09-2013, n. 4259).In forza di tale ratio, e al di là della questione se il rapporto intrattenuto dal ricorrente costituisca lavoro subordinato o parasubordinato, non può risultare di per sé ostativo alla frequenza nel corso in esame un rapporto lavorativo, come quello in esame, caratterizzato dalla ridotta durata temporale rispetto alla durata del corso (un rapporto trimestrale che si è sostanzialmente sovrapposto per soli due mesi), e dalle modalità di svolgimento concretamente compatibili con la frequenza.Come da dichiarazione della Casa di cura presso il quale il ricorrente è stato impegnato, il rapporto di lavoro in questione, ancorchè qualificato nella nota stessa di natura subordinata, aveva un impegno settimanale di 26 ore e consisteva nel svolgere l’incarico di guardia medica notturna e festiva e prefestiva.Ora i precedenti richiamati che hanno escluso l’esistenza di una situazione di incompatibilità con l’attività lavorativa per i “corsisti” ex art. 3, comma 1, della legge in questione, pur riferendosi a rapporti di lavoro parasubordinato, avevano ad oggetto proprio lo svolgimento di funzioni di guardia medica (Cons. Stato Sez. III, Sent., 18-06-2012, n. 3549; T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 13-02-2013, n. 892) ed è alla compatibilità dell’attività svolta con la frequenza al corso, più che al dato formale della natura del rapporto, che si deve dare rilievo in base alla ratio evidenziata nella norma che consente l’attività lavorativa per i frequentatori privi di borsa di studio.